Curcio Medie

L’economia romana del periodo imperiale trovò le sue risorse principali nelle ricche province che costituivano l’Impero.

Le province romane
La provincia romana più antica era la Sicilia, terra costituita da grandi proprietà terriere mescolate a piccoli appezzamenti di terra, appartenenti ai militari in congedo. La sua ricchezza era la grande produzione di cereali, tanto che l’isola era considerata, insieme all’Africa settentrionale, il granaio dell’Impero; si esportava anche vino, bestiame, lana, pesce, zolfo, sale e piombo.

Dalla Sardegna e dalla Corsica, considerate un’unica provincia, venivano esportati solo una piccola quantità di cereali e alcuni minerali, mentre la Spagna aveva un ruolo fondamentale nell’economia imperiale. La divisione dello Stato, realizzata da Augusto, aveva scisso la penisola iberica in tre province: Lusitania, Betica e Tarraconense, da cui si esportavano grandi quantità di olio, pesce, bestiame, legname, materie prime per i cosmetici e grandi quantità di piombo, rame, stagno, ferro, marmo e pietre preziose.

La Gallia era un’altra delle province dell’Impero ed era così profondamente romanizzata che conservò a lungo, fino ai primi secoli del Medioevo, i caratteri della civiltà romana. La sua economia si basava essenzialmente sull’agricoltura e, in particolare, sui cereali ma quando Augusto tolse il divieto di coltivare la vite e l’ulivo, l’olio e il vino gallici, questi prodotti giunsero in grandi quantità sui mercati dell’Impero, insieme alle ceramiche (prodotte con metodi quasi industriali e, quindi, in grande quantità), al bestiame, ai prodotti tessili, all’oro e l’argento. Anche i mercati locali ebbero una grande importanza, grazie all’ampia rete di vie di comunicazione che resero alcune città galliche dei centri commerciali importanti.

La costa orientale del mare Adriatico ospitò molte città commerciali che continuarono ad avere scambi economici con l’altra sponda, anche dopo la caduta dell’Impero e per tutto il Medioevo. Le province orientali dell’Impero, da millenni abitate da popolazioni con un altissimo livello di sviluppo, continuarono ad essere piuttosto floride: l’agricoltura aveva un posto importante nell’economia e si producevano cereali (per il consumo interno) ma anche olio, vino, frutta, ortaggi, fiori e lino; si esportavano legname, pietre da costruzione e minerali (ferro, rame e piombo), porpora e spugne, nonché prodotti artigianali come utensili agricoli, rasoi, armi, pelli, pergamena e ceramiche.

L’Egitto fu una delle province più importanti dell’Impero ed era tale la sua forza economica, che Augusto volle mantenere questa regione sotto il diretto controllo dell’imperatore e non del Senato, che governava diverse province. Gli ortaggi e i legumi coprivano appena le necessità del consumo locale, ma notevoli erano le esportazioni di cereali (frumento, riso, orzo), di spezie, di frutta e di olio di semi. Venivano, inoltre, coltivati la vite, l’ulivo, la palma da dattero, la gomma e il papiro (materiale utilizzato per scrivere e prodotto quasi esclusivamente in Egitto).
Si realizzavano tessuti di lino e cotone, oggetti di uso domestico, unguenti e profumi. La città di Alessandria rivestiva un’importanza particolare perché era un centro commerciale e culturale di primaria importanza: qui era molto fiorente il commercio di libri, per la presenza della Biblioteca più famosa dell’antichità, che attirava studiosi da tutto il mondo.

I commerci con gli altri paesi
L’Impero commerciava anche con le regioni poste aldilà dei suoi confini: la via dell’ambra, per esempio, metteva in comunicazione Roma con la Svezia e la Norvegia e deriva il nome dal fatto che, attraverso questa via, arrivavano all’interno dell’Impero grandi quantità di ambra a cui si aggiungevano bestiame, pelli e pellicce, pesce secco e anche schiavi. A questi popoli, i Romani vendevano il vino e i prodotti del loro artigianato, come ceramiche e oggetti di vetro.

L’altra regione con cui venivano intrattenuti rapporti commerciali era l’interno dell’Africa, da cui provenivano oro, avorio, corna di rinoceronte, incenso, olio di palma, penne di struzzo, schiavi, bestie per i giochi del circo, e verso cui partivano i prodotti artigianali romani. 
Infine dall’Oriente, attraverso la via della seta, venivano importati oggetti di lusso: pietre preziose, profumi, seta, legni pregiati (tek, sandalo e ebano), incenso e il pepe che i Romani apprezzavano molto e che fecero conoscere in tutta l’Europa.

Questo grande movimento di merci era facilitato dall’esistenza di una rete di comunicazione tra le più sviluppate nella storia delle civiltà antiche. I Romani costruivano vie di comunicazione principalmente per facilitare il controllo del territorio e lo spostamento veloce degli eserciti, ma non sfuggiva loro l’importanza economica del sistema stradale. Tra l’altro, su queste strade lo Stato organizzò, in quest’epoca, un servizio di corrieri (tabellarii) che trasportavano lettere e pacchi da una località all’altra.

L’altra via di comunicazione era il mare attraverso cui era possibile trasportare, in maniera più economica, grandi quantità di merci, come attestano i numerosi ritrovamenti di navi romane, naufragate al largo di molte coste del Mediterraneo.