Curcio Medie

Termine in uso a partire dal XVII secolo per indicare la filosofia platonica (v. Platone) e più in generale la tesi che le idee, o i concetti, costituiscano la parte immutabile dell’essere, opposta al perenne mutamento del mondo sensibile. Si distingue tra idealismo oggettivo e soggettivo: per il primo, l’idea è trascendente e quindi garante di vera interiorità; per il secondo, invece, essa è posta dal soggetto pensante, quindi non è più vera interiorità. Kant ha distinto l’idealismo dal realismo e ha sostenuto un idealismo formale fondato sulla tesi che l’idealità del pensiero umano sia rappresentata dalle categorie innate di spazio e di tempo, che consentono la percezione del mondo sensibile. Successivamente, il movimento dell’idealismo tedesco riprese alcune tesi di Kant, radicalizzandone la tensione verso l’assoluto e l’indipendenza dell’io: massimi rappresentanti di questo rinnovato idealismo furono Fichte, Schelling e, soprattutto, Hegel il quale, però, non menzionò quasi mai il termine idealismo. Nell’ultimo quarto del XIX secolo e per buona parte del Novecento il dibattito filosofico si mosse a partire dal pensiero dell’idealismo tedesco: sia Marx che Kierkegaard ne furono oppositori per motivi e punti di vista diversi. Il primo tentò di rovesciare la filosofia hegeliana in favore del materialismo, pur mantenendo la struttura del movimento dialettico (tesi, antitesi, sintesi); mentre il secondo accentuò motivi mistici e religiosi nel tentativo di rispondere al rigore razionale della dimostrazione hegeliana. Nella prima metà del Novecento, si è assistito a una ripresa dell’idealismo di matrice cartesiana (v. Cartesio) con Edmund Husserl, mentre attualmente l’idealismo costituisce soltanto un punto di riferimento storico per la ricerca filosofica.