Curcio Medie

Con l’espressione «guerra mondiale africana» ci si riferisce al conflitto che, dal 1998 al 2003, si è abbattuto sul territorio della Repubblica democratica del Congo.

La guerra, incentrata sul controllo delle ingenti risorse della regione (coltan, uranio, rame, cobalto e legni pregiati), merita l’appellativo di «mondiale» sia perché coinvolge – direttamente o indirettamente – molti paesi dell’Africa orientale e centrale, sia perché trae le sue lontane origini dal modo disordinato in cui è stato gestito il processo di decolonizzazione nell’area.

I paesi direttamente coinvolti nella guerra sono Ruanda, Uganda e Repubblica democratica del Congo. Il primo, in epoca coloniale, faceva parte dell’Africa orientale tedesca, insieme al Burundi e all’attuale Tanzania. Dopo la prima guerra mondiale, tuttavia, la colonia tedesca fu spartita tra Gran Bretagna e Belgio, con il risultato che Ruanda e Burundi si trovarono ribattezzati «Territorio d’occupazione posto sotto l’amministrazione del Belgio dalla Società delle nazioni». L’amministrazione belga si distinse per la scelta di semplificare radicalmente la struttura tribale (v. tribù) dei popoli sottomessi, riducendola a una artificiale ripartizione razziale (v. razzismo) tra due macroetnie (gli hutu e i tutsi) e dando vita a una serie di conflitti etnici (v. etnia) che non si è ancora sedata.

Uno dei risultati più impressionanti di questa divisione etnica, letteralmente inventata dal razzismo coloniale dell’Occidente, fu il cosiddetto «genocidio del Ruanda» del 1994, durante il quale due gruppi paramilitari hutu (Interahamwe e Impuzamugambi) massacrarono circa un milione di persone (prevalentemente di etnia tutsi). Al massacro seguì un contromassacro, compiuto questa volta dai tutsi (che avevano preso il controllo del paese grazie all’appoggio delle forze armate di Uganda e Burundi).
Oltre due milioni di hutu, perciò, si trovarono costretti a riparare nello Zaire (l’odierna Repubblica democratica del Congo); insieme a loro, tuttavia, entrarono nel paese anche numerosi guerriglieri hutu che, forti dell’appoggio loro concesso dal regime del dittatore Mobuto Sese Seko, iniziarono a dare la caccia ai banyamulenge(congolesi di etnia tutsi). Questi ultimi, forti a loro volta dell’appoggio del Ruanda, si unirono agli oppositori di Mobuto e confluirono nell’Afdlc (Alleanza delle forze democratiche per la liberazione del Congo), guidata da Laurent Kabila (uno dei protagonisti della lotta che, nel 1960, portò all’indipendenza del Congo).

Nel 1997, l’azione dell’Afdlc (nonché l’appoggio del Ruanda) sfociò nel rovesciamento della trentennale dittatura di Mobuto. La conclusione della cosiddetta «prima guerra del Congo», tuttavia, portò senza soluzione di continuità a una seconda guerra, la «guerra mondiale africana».

Sin dal 1998, infatti, il nuovo regime guidato da Kabila si trovò a dover fronteggiare (con l’appoggio diretto di Angola, Namibia e Zimbabwe nonché il rifornimento di armi da parte di Stati Uniti, Francia, Cina, Corea del Nord, Georgia, Polonia e altri paesi dell’Europa orientale) due agguerrite milizie antigovernative – il Raggruppamento congolese per la democrazia (Rcd) e il Movimento di liberazione del Congo (Mlc) – fiancheggiati rispettivamente dalle forze armate ruandese e ugandese.

La rottura dell’alleanza tra Kabila e Ruanda sarà solo il primo di una lunga serie di repentini cambi di schieramento. Come già si è accennato, infatti, la motivazione principale della «guerra mondiale africana» è sempre stata la lotta per il controllo delle ingenti risorse della regione; di conseguenza, nel corso degli anni, a combattere sono state soprattutto milizie irregolari, con l’unico obiettivo di conquistare il controllo di circoscritte zone strategiche e, una volta ottenuto il loro scopo, ridisegnare completamente il piano di alleanze.
Si è trattato, in altre parole, di una disordinatissima guerra tra bande, di cui hanno fatto – e fanno tuttora – le spese le inermi popolazioni civili; queste ultime, a distanza di molti anni dalla conclusione ufficiale del conflitto, continuano a morire a causa delle carestie, delle malattie, della malnutrizione, del collasso delle strutture sanitarie e della presenza di milizie armate che continuano a effettuare incursioni e razzie. È per questo che, a distanza di molti anni dall’inizio del conflitto, la «guerra mondiale africana» continua ancora a uccidere.