Curcio Medie

Termine tradizionalmente impiegato per indicare fogli di fibra di cellulosa, il cui significato si è attualmente esteso a tutta una serie di applicazioni particolari (carta per uso fotografico, monetario, tipografico ecc.). La carta, così come la conosciamo oggi, fu inventata in Cina e la tradizione vuole che il primo a produrla fosse Tsai-lun, ministro dell’Agricoltura, che nel 105 d.C., usò la scorza macerata e battuta di una pianta analoga al gelso.
Ma la stessa sostanza era ottenuta dalla lavorazione di fibre di bambù o di lino, di stracci di seta, di paglia di riso o di grano ecc. anche in altri centri del lontano Oriente, in quella remota epoca, o poco dopo. Qualche anno fa, poi, è stato provato un fatto molto interessante: carta ricavata da foglie di palma o di agave, o da buccia di fichi (la più comune), veniva fabbricata in Messico o presso gli aztechi a partire dal V sec. d.C., d è ancora possibile trovare i piccoli battitoi a mano (in pietra) che quegli artigiani usavano per battere le fibre.

Artigiani cinesi fatti prigionieri dagli irano-arabi nella battaglia di Talas (751) diffusero l’invenzione dall’Estremo al Medio Oriente. La «via della carta» seguì poi le tappe Samarcanda, Bagdad (793), Il Cairo (900), Fez (1100) e balzò in Europa attraverso Spagna (XII sec.) e Francia da una parte, e dall’altra Palermo (1109), Fabriano (XIII sec.), Norimberga (1276, a opera di artigiani italiani). Il più antico documento cartaceo europeo è, infatti, un mandato bilingue greco-arabo proveniente dalla cancelleria dei re normanni di Sicilia (1109). A Fabriano appartengono le prime marche o filigrane (1285 circa) impresse sul foglio di carta mediante un rilievo in filo di ferro posto sulla rete metallica su cui era spalmata la pasta destinata a costituire il foglio stesso. Per i cinesi, invece, la fitta trama dello staccio su cui veniva depositata la pasta era costituita da filamenti di bambù.
I cinesi e gli artigiani che appresero da loro, battevano a mano la materia prima (fibre vegetali o stracci) con clave di legno. Una novità di origine ispano-arabica (Játiva, metà del XII secolo) furono le pile a pestelli, consistenti in 3 o 4 grossi mortai e relativi pestelli azionati contemporaneamente grazie allo sforzo di due operai. Questi, spingendo una manovella, facevano girare un lungo albero cilindrico recante sporgenze (camme) che provocavano il sollevamento dei pestelli. La produzione della carta divenne intensiva con l’introduzione della macchina continua, messa a punto nel 1798 dal francese L.N. Robert; la macchina continua, perfezionata e con varianti (macchina piana, a forma in tondo o a doppia tela), è ancora oggi in uso negli impianti industriali per la produzione della carta, detti «cartiere».

Pur se sono allo studio le possibilità di utilizzare fibre artificiali, la carta è attualmente prodotta con l’impiego di fibre vegetali cellulosiche; la materia prima è la pasta di legno, alla quale vengono aggiunti altri materiali (carichi minerali, collanti ecc.) per dare alla carta particolari caratteristiche.

La pasta di legno è preparata partendo dai tronchi degli alberi (generalmente abete o pioppo), scortecciati, ridotti in pezzi e macinati in mole rotative immerse in acqua; con questo processo si separano le fibre che costituiscono il legno, e le paste così ottenute sono dette «paste meccaniche». La separazione delle fibre cellulosiche può essere fatta anche con metodi chimici (paste chimiche), sciogliendo con opportuni reattivi chimici la lignina e gli altri elementi che incrostano la cellulosa, o con metodi misti (paste semichimiche), che consentono di indebolire la coesione delle fibre mediante trattamento chimico, facendo poi seguire una macinatura meccanica.
Questi due ultimi metodi danno rese e prodotti inferiori, ma consentono di produrre la pasta di legno utilizzando anche vegetali stagionali, come canna, paglia ecc. (metodo chimico), oppure carta straccia e di recupero, stracci di cotone, lino, canapa, cordami ecc. (metodo semichimico). Una volta preparate, le paste di legno vengono purificate e sbiancate, utilizzando solitamente il cloro o i suoi composti. All’impasto vengono poi aggiunte altre sostanze per impartire alla carta particolari qualità, quali cariche minerali (talco, gesso, caolino, farina fossile ecc.), incorporate nella pasta o applicate al foglio già formato, per migliorare l’aspetto, la bianchezza, l’attitudine alla stampa ecc.; materie collanti, anch’esse aggiunte all’impasto o applicate superficialmente per conferire alla carta una certa resistenza alla penetrazione dell’inchiostro o di oli, acqua ecc., o altri materiali quali coloranti, sbiancanti, ammorbidenti, impermeabilizzanti ecc., per conferire alla carta varie proprietà.

La fabbricazione vera e propria della carta comprende poi più fasi:

- la spappolatura, mediante la quale le sostanze fibrose vengono suddivise e separate, sospendendole in una soluzione acquosa;

- la raffinazione, che ha lo scopo di rendere più flessibili le fibre e, se necessario, di tagliarle per consentire di ottenere fogli più uniformi;

- la preparazione dell’impasto, per dosare e mescolare in modo omogeneo i materiali fibrosi a seconda del tipo di carta da preparare e aggiungervi i materiali collanti, coloranti ecc.;

- la formazione del foglio, su macchina continua, che prevede la distribuzione uniforme dell’impasto in soluzione opportunamente diluita su una tela metallica;

- l’eliminazione dell’acqua per sgocciolamento, aspirazione, pressatura e l’essiccazione del foglio per riscaldamento. Durante queste operazioni il foglio è costretto a passare attraverso una serie di rulli che ne regolano lo spessore, ne lisciano la superficie; possono poi seguire operazioni di patinatura, trattamenti superficiali, impregnazione con resine e prodotti vari, goffratura (riproduzione in rilievo di un disegno inciso su uno o due cilindri tra i quali passa il foglio), ondulazione.

La carta viene classificata solitamente in base alla grammatura, ossia al peso in grammi per metro quadrato: è suddivisa in veline o pelures (fino a 30 g/m2) e carte propriamente dette (da 30 a 150 g/m2). Per grammature superiori si hanno cartoncini e cartoni.

Altre classificazioni possono essere fatte in base alla qualità (fini, mezzo-fini, ordinarie) o in base all’uso; si possono avere carte da stampa (quotidiani, libri, rotocalchi), per scrivere (quaderni, documenti, per macchine da scrivere), da imballo, carte assorbenti (da filtro, da impregnare e trasformare in pergamena), carte speciali (da disegno, da sigarette, per fotografia, per cavi, per condensatori).
Carte particolari sono la carta a mano, prodotta artigianalmente in limitati quantitativi stendendo a mano la pasta di legno in telai di ridotte dimensioni, la carta di riso, detta anche «giapponese» o «cinese», preparata con il midollo di alcune piante e con fibre di bambù, e la carta filigranata, caratterizzata da particolari disegni visibili in trasparenza e utilizzata per banconote e francobolli. Questi disegni sono ottenuti secondo il metodo tradizionale, con fili di rame fissati alla tela metallica della macchina continua, o collocando tra i fogli altri fogli su cui sono fissate reti metalliche raffiguranti il disegno e pressando fortemente, o punzonando la forma con impronte figurate che risulteranno riprodotte in senso inverso sulla carta; attualmente si ricorre anche a metodi elettrolitici o fotochimici.

È poi detta «cartapesta» la pasta di carta mescolata con gomma e gesso, compressa in forme, essiccata e verniciata per fare oggetti di tutti i tipi.