Curcio Medie

Musicista tedesco (Bonn 1770 - Vienna 1827).

Proveniente da una modesta famiglia d’origine fiamminga, Beethoven passò una fanciullezza assai triste, incupita dall’incapacità del padre (un musicista di quart’ordine alcolizzato), che voleva fare del piccolo un bambino prodigio e tenuemente colorata dalla figura della madre, donna dolce e debole, destinata a vita breve. Grazie agli insegnamenti di C. G. Neefe, Beethoven riuscì a ottenere un posto di violinista nell’orchestra del principe elettore.
Il suo carattere bizzarro ma onesto, fortemente accattivante e rivelatore di una rara grandezza interiore, gli procurò quelle amicizie che lo avrebbero confortato per tutta la vita: Breuning, Waldstein, Ries ecc. Grazie a tali amicizie fu ben presto accolto anche nel difficile ambiente viennese. Ottimo pianista, cominciò a farsi conoscere, oltre che come grandissimo improvvisatore, anche come compositore: i suoi primi lavori non contengono in misura evidente quegli elementi innovatori che lo avrebbero estraniato dagli ambienti ufficiali e, in parte, dal gran pubblico. Sono anni sereni, destinati ad avere un brusco termine con la sordità.

Il Testamento di Heiligenstadt (1802) si conclude con una disperata nota di speranza: i grandi lavori, che iniziano proprio in quegli anni, si concludono sempre con meravigliose impennate di gioia e d’amore. Ma sono atti di volontà, o meglio la rispondenza di un bisogno che Beethoven poté soddisfare solo con se stesso, mai con gli altri; la comunicazione, di cui ci ha lasciato l’esempio più bello e univoco, è alla fine solo un monologo: il dialogo elementare, di cui tutti fruiamo, gli fu sempre estraneo.
Il raggio della sua arte si allarga, le sue conoscenze aumentano, la sua fama è indiscutibile presso le persone, e non sono poche, che hanno modo di avvicinarsi, senza pregiudizi, alla sua opera. Gli anni dopo il 1816 furono anni di gravi difficoltà: il nipote Carlo, che ricambiò il grandissimo affetto dello zio con una vita dissipata; la sordità totale. Sono di questo periodo la Missa Solemnis, la IX Sinfonia, gli ultimi Quartetti, le ultime Sonate.

Molte cose si sono dette e scritte su Beethoven. I voli sulle ali delle sue opere hanno spesso smarrito la strada del reale e condotto l’ascoltatore sprovveduto molto al di là della dimensione storica che, nel nostro autore, è visibile come non mai; la sua grandezza è aver raccolto la lezione mozartiana (v. Mozart) ed haydiniana, cioè la forma suonata, averla portata al massimo sviluppo esaltandone le singole parti; averla pervasa di una vena umana che fu tanto equilibrata e necessaria espressivamente, quanto irresistibile; averla, infine, superata (negli ultimi quartetti, sonate e, a ben guardare, anche nel terzo tempo della Nona) per interiore necessità discorsiva, non più in grado di essere soddisfatta in una forma chiusa. Tale superamento della forma suonata, avvenuto all’insegna della più coraggiosa naturalezza, equivale, per grandezza e importanza, a quello del sistema tonale operato da Schönberg.