Curcio Medie

Propriamente è quella costituita dalle due province ecclesiastiche di Canterbury e York; comprende 43 diocesi, sotto il primato d'onore dell'arcivescovo di Canterbury, il quale a sua volta riconosce come «supremo governatore visibile» il re d'Inghilterra.
Si chiama anche «Chiesa stabilita» (established Church), nel senso non di «imposta» ma di «protetta» dalle leggi. Si è staccata dalla Chiesa cattolica quando Enrico VIII, ottenuto dall'arcivescovo Cranmer l'annullamento del suo matrimonio con Caterina d'Aragona, fece approvare dal parlamento (1533) una serie di leggi che rompevano i legami con la santa sede e sottomettevano interamente il clero alla corona. Sotto Enrico VIII non si ebbero molte innovazioni dottrinali: all'inizio fu piuttosto uno scisma. Le nuove dottrine, soprattutto calviniste, furono introdotte sotto Edoardo VI (Libro di preghiere, 1549 e 1552; 42 articoli, 1553). La reazione cattolica di Maria Tudor non ebbe lunga durata. E ad essa seguì la contro-reazione della regina Elisabetta, con il ristabilimento del Book of Common Prayer (1559), la nomina di M. Parker ad arcivescovo di Canterbury (1559), la proclamazione della supremazia del re e i 39 articoli del 1571, che hanno dato volto definitivo alla Chiesa anglicana.
I suoi principali caratteri sono i cosiddetti 39 articoli di religione e le formule del Book o f Common Prayer; la conservazione dell'episcopato e la conservazione di vari riti cattolici; la statizzazione della religione, per cui il re ha la supremazia nelle cose ecclesiastiche, ritenute affari di Stato. Le controversie nate a causa di queste tre fondamentali caratteristiche indussero molti protestanti a rifiutare la conservazione dell'episcopato e le cerimonie della Chiesa anglicana, mirando piuttosto a purificare da questi usi «papisti» la Chiesa stessa: donde il loro nome di «puritani». Di costoro, alcuni accettarono la supremazia del re in cose di religione; altri la rigettarono; altri ancora sostennero l'indipendenza e l'autonomia di ogni singolo gruppo di fedeli (donde il loro appellativo di «congregazionisti» o «indipendenti»): tutti questi oppositori furono detti, con un sol vocabolo comune, «non-conformisti». Questi stessi, nella conferenza di Hampton-Court (1604), sotto il regno di Giacomo I (1603-1625), successo a Elisabetta, esposero le loro dottrine e lamentele, riuscendo a ottenere soltanto la traduzione della Bibbia. I non-conformisti continuarono gli attacchi anche sotto Carlo I (1625-1649) successo a Giacomo I, ma proprio allora nella Chiesa anglicana fiorirono grandi teologi protestanti, quali L. Andrewes, W. Laud, J. Tailor, ecc. detti «teologi carolini».
Moralmente sconfitti, i non-conformisti fecero. ricorso alle armi e, alleandosi con gli Scozzesi, scontenti anch'essi del re che aveva tentato d'imporre loro l'anglicanesimo, diedero inizio alla guerra civile, di cui restarono vittime lo stesso re (prima rivoluzione inglese) e l'arcivescovo Laud. L'esito fu questo: soppresso e perseguitato l'anglicanesimo, pubblicata la confessione calvinista di Westminster. Nel caos della situazione e degli stessi principi dottrinali, G. Fox diede vita a un'altra setta, quella dei «quaccheri», mentre in tutta l'Inghilterra ebbero sopravvento le dottrine calviniste e indipendenti di Oliver Cromwell (1649-1660). Sotto Carlo II (1660-1685) fu di nuovo ufficialmente ristabilito l'anglicanesimo, fu corretta la formula edoardiana della consacrazione di vescovi e sacerdoti (quella cioè inserita nel Book of Common Prayer da Edoardo VI), fu promulgato nel 1673 il Test Act, facente obbligo a tutti gli impiegati del governo (e quindi anche ai ministri della religione) di accettare il Book of Common Prayer, e quindi molti ministri non-conformisti rimasero privi dei loro uffici.

Nel 1687 Giacomo II (1685-1688), successo al fratello Carlo II, promulgò la Dichiarazione di indulgenza, in forza della quale tutti i sudditi inglesi erano ritenuti uguali di fronte alla legge, senza distinzione di religione, e fu sospeso il giuramento contro la transustanziazione; ma tale fu il malcontento degli anglicani che, coadiuvati dal tradimento di uomini illustri, ecclesiastici e laici, e aizzati da imprudenze del re e dal falso contegno del suo genero Guglielmo di Olanda, ne nacque la rivoluzione del 1688, in cui il re perse il trono. Con il calvinista Guglielmo III (1688-1702), successo a Giacomo II, riprese vigore il calvinismo; ma non avendo alcuni vescovi anglicani pronunziato il giuramento di adesione al nuovo re, ne ebbe origine il partito dei «non-giurati» e si proclamò il Toleration Act, di cui beneficiarono tutti, eccetto i cattolici, gli unitari e gli ebrei.
Finalmente Anna (1702-1714), successa a Guglielmo e secondogenita protestante di Giacomo II, ristabilì l'anglicanesimo. Alla sua morte, erano quasi fissate le tre tendenze che ancor oggi durano: l'Alta Chiesa, che resta fedele alla gerarchia episcopale e alla liturgia; la Chiesa bassa, che inclina verso una forma di calvinismo alquanto mitigato e, dopo il XVIII secolo, la terza tendenza, della Chiesa larga, la quale, per favorire l'unione dei cristiani, mette l'accento sulla morale individuale, riducendo o sottacendo l'importanza delle questioni di dottrina. Ad Anna successe il ramo protestante degli Hannover, durante il cui regno l'anglicanesimo fu minacciato di soffocamento, soprattutto in seguito alla controversia di Bangor e anche a causa della sospensione delle «convocazioni», a opera di Giorgio I.
L'avvento delle teorie razionaliste di Locke (1632-1702), di quelle antitrinitarie di Clarke (1675-1729), e di quelle deiste di Toland (1669-1722) non fecero che acuire la crisi in atto. Vi reagirono uomini eminenti, quali W. Law, i fratelli Wesley, G. Whitefield e W. Howell, che diedero origine al «metodismo»; G. Simeon, D. Wilson, J. Milner, S. Wilbeforce e altri, che inclinarono piuttosto in senso evangelico, nello spirito della Chiesa bassa. La forte ingerenza del potere politico, che durava ormai da secoli, provocò una forte reazione nel XIX secolo, dando origine al «movimento di Oxford». Alcuni dei suoi capi e seguaci, come J. H. Newman e Manning, maturarono così il loro ritorno alla Chiesa cattolica; altri invece rimasero in seno alla chiesa anglicana, come sostenitori dell'anglo-cattolicesimo e del ritualismo. Nel 1852 furono nuovamente autorizzate le «convocazioni» decennali dei vescovi, e così tutto l'episcopato gradatamente riacquistò una maggiore autonomia di fronte al potere politico. Attualmente le tendenze filocattoliche sono molto forti; si manifestano in un vero risveglio della vita liturgica, nella introduzione di cerimonie anche contrarie ai 39 articoli, in un costante contatto con la Bibbia, e persino nell'erezione di comunità religiose con regola benedettina o francescana. Tentativi privati per giungere a un accordo totale con la Chiesa di Roma si ebbero dopo la prima guerra mondiale (Conferenze di Malines, 1921-1925), ma senza risultati apprezzabili. Un nuovo spirito di rispetto e di intesa di fece fatto strada dal 1962, a opera del concilio Vaticano II.