Curcio Medie

Re d’Italia (1869-1947)

Figlio di Umberto I e di Margherita di Savoia, Vittorio Emanuele riceve un’educazione attenta e severa. Nei primi anni di regno, asseconda l’evoluzione liberale e progressista delle istituzioni italiane, affidando il Governo prima allo Zanardelli (1901) e poi, dal 1903, a Giolitti che attua, con il suo consenso, una politica di riforme sociali e di ammodernamento dell’economia. In quegli anni si verifica un riavvicinamento alla Francia e all’Inghilterra dell’Italia, che comunque rimane fedele alla Triplice Alleanza. Come aveva visto con favore l’impresa di Libia, così nel 1914-1915 è favorevole all’intervento italiano a fianco dell’Intesa e, a questo scopo, nel 1915, respinge le dimissioni del Governo Salandra, assumendo la responsabilità di porsi contro la volontà della maggioranza del Parlamento. Nel 1922, dopo qualche incertezza, accetta la soluzione extraparlamentare della crisi politica ritirando, in occasione della marcia su Roma, lo stato d’assedio e decidendo di affidare il Governo a Mussolini. Il suo appoggio al fascismo diventa decisivo dopo il delitto Matteotti, quando le opposizioni protagoniste della secessione aventiniana attendono invano un suo intervento risolutore. Non si oppone all’azione mussoliniana e ai provvedimenti successivi che gettano le basi dello Stato totalitario. La conciliazione con la Chiesa del 1929, la guerra d’Etiopia del 1935-1936, l’occupazione dell’Albania nel 1939, lo trovano sempre consenziente, anche se non entusiasta, perché nella diarchia che si è venuta a stabilire, la maggior parte del potere è nelle mani di Mussolini. Nella seconda guerra mondiale lascia al duce il comando e quando le sorti del conflitto volgono al peggio, tenta un colpo di Stato con cui fa arrestare Mussolini, il 26 luglio 1943. Instaura, con a capo il maresciallo Badoglio, un Governo militare e tecnico dall’atteggiamento incerto, nonostante la volontà di continuare la guerra a fianco della Germania. Lo stesso giorno dell’armistizio, il 9 settembre, abbandonata Roma, il re si rifugia a Brindisi e si affida il Regno alla luogotenenza del figlio Umberto II. Nell’imminenza del referendum istituzionale, il 2 giugno 1946, abdica in favore del figlio, sperando così di salvare la causa monarchica. Dopo l’avvento della Repubblica si ritira ad Alessandria d’Egitto.