Curcio Medie

Gli Aztechi delle origini erano un popolo nomade, diviso in famiglie e guidato dal consiglio dei capi e degli anziani, e da un gruppo di sacerdoti.

Con la fondazione delle città e la creazione di una società stabile, cambiò anche l’organizzazione sociale: da una società piuttosto democratica, in cui ogni famiglia aveva un suo rappresentante in grado di partecipare alle decisioni, si passò ad una società divisa in classi con funzioni precise, e guidata da un re.

A capo di tutto era l’imperatore, che governava con un consiglio di militari ed era scelto da un gruppo di quattro persone. Ogni comunità aveva un suo rappresentante, che si occupava di amministrare la giustizia, di gestire l’agricoltura, di riscuotere e consegnare all’imperatore le tasse e di guidare la sua comunità in guerra. Se la comunità era molto numerosa, il capo sceglieva dei funzionari tra i quali suddividere i compiti.
Era la comunità a scegliere il proprio rappresentante, e tale scelta doveva essere confermata dall’imperatore. Alla morte del rappresentante, il suo posto non poteva essere preso da un altro membro della sua famiglia, ma si doveva procedere ad una nuova elezione. Nelle città si formò una vera e propria amministrazione, con compiti militari, religiosi e amministrativi.
Chi non era in grado di contribuire al benessere della società, diventava uno schiavo, che poteva continuare a possedere dei beni, e poteva avere, a sua volta, degli schiavi. I figli degli schiavi nascevano liberi ma non potevano ricevere incarichi pubblici.

Gli Aztechi potevano sposarsi dopo i 20 anni; prima di allora, rimanevano in famiglia, fino a 15 anni, poi frequentavano i collegi: quello religioso, per chi volesse diventare un sacerdote e quello chiamato “casa dei giovani”, per chi volesse diventare un commerciante o un artigiano. Era il maestro del collegio a dare l’autorizzazione al matrimonio, cosa che avveniva dopo un banchetto e una cerimonia.

La giustizia prevedeva sanzioni miti: in caso di furto, per esempio, era sufficiente restituire ciò che si era rubato oppure pagare una multa, che andava per metà al derubato e per l’altra metà al tesoro della comunità.
Alcuni delitti, considerati un danno per l’intera comunità, venivano puniti però con molta durezza: l’adulterio, l’incesto o il furto in una strada pubblica, per il quale era prevista la lapidazione, che consisteva nell’uccisione del colpevole a colpi di pietra.

Raffigurazione di guerrieri aztechi