Curcio Medie

 

Pittore italiano (Pieve di Cadore, Belluno 1485 circa - Venezia 1576).

Giunto a Venezia giovanissimo verso la metà dell’ultimo decennio del Quattrocento, Tiziano Vecellio fu dapprima nella bottega di Sebastiano Zuccato, un buon mosaicista (v. mosaico) che gli trasmise l’amore per i colori e che gli insegnò i primi rudimenti di tecnica pittorica (v. pittura). Decisamente più importante si rivelò la frequentazione dei fratelli Gentile e Giovanni Bellini, quest’ultimo frequentato in un momento in cui si stava adeguando alla nuova moda pittorica veneziana, che assegnava un peso determinante allo «sfumato» di Leonardo (a Venezia nel 1500) e alle quinte paesistiche lontane e vaporose.
Il San Pietro e il vescovo Iacopo Pesaro (Anversa, Musée royal des beaux-arts, 1503-1506), che aprirà poi una fortunata vicenda di committenza tra il pittore e il prelato veneziano, rappresenta bene questa fase iniziale della sua attività. Infine, verso il 1505, Tiziano dovette entrare in rapporto con Giorgione, con il quale realizzò gli affreschi per il fondaco dei Tedeschi a Rialto; se Giorgione eseguì le pitture verso il Canal Grande, al Vecellio spettò la decorazione della facciata di terra. Opera compiuta quando non era ancora ventenne, stando almeno alla testimonianza dello storiografo cinquecentesco Ludovico Dolce, la decorazione del fondaco dei Tedeschi portò Tiziano a dipingere libero dal chiaroscuro e dal disegno tradizionale, seguendo quella che Giorgio Vasari chiama la «maniera moderna».

La diretta filiazione dal naturalismo di Giorgione ha posto complessi problemi attributivi per le opere giovanili del periodo intorno al 1510, in cui andrebbero collocati dipinti come il Concerto di palazzo Pitti a Firenze e il Concerto campestre del Louvre, espressione del momento più giorgionesco, ma già nuovo per la vivacità compositiva e la sensualità del colore.
In questa fase artistica è peraltro molto forte il contatto con la cultura neoplatonica veneziana, facente capo proprio al contesto letterario-filosofico frequentato da Giorgione, che poteva vantare personaggi del calibro di Leone Ebreo, Pietro Bembo e Mario Equicola. La personalità di Tiziano si afferma indipendente e opera una consapevole rottura con la pittura veneziana del tardo Quattrocento negli affreschi della Scuola del Santo a Padova (1511), raffiguranti tre Miracoli di sant’Antonio.
Nelle scene del Miracolo del neonato e del Miracolo del marito geloso Tiziano crea un linguaggio assolutamente nuovo, basato sul colore, ma al contempo tutt’altro che immune dall’influenza della maniera nordica (tra il 1505 e il 1506, lasciandovi opere fondamentali come la Festa del rosario in San Bartolomeo di Rialto, è a Venezia il grande tedesco Albrecht Dürer); le scene mescolano in maniera convincente il dato narrativo e il dramma dirompente offerto dal denso cromatismo e dalla plastica scultorea dei personaggi.
A ridosso del 1515, in parte debitore anche nei confronti della maniera di Sebastiano del Piombo (partito per Roma nel 1511), Tiziano eseguì altri dipinti di grande intensità, tra i quali un posto particolare ricoprono il Noli me tangere (Londra, National Gallery), il San Marco in trono tra i santi Cosma, Damiano, Rocco e Sebastiano (Venezia, Santa Maria della Salute) e le Tre età dell’uomo (Edimburgo, National Gallery of Scotland). Dipinto capitale dell’attività giovanile dell’artista, realizzato intorno al 1515 per il politico veneziano Niccolò Aurelio, il cosiddetto Amor sacro e amor profano (Roma, Galleria Borghese) mise in luce appieno tutte le potenzialità cromatiche e compositive del primo Tiziano.
Databili a questo momento sono anche alcune piccole opere di grande fascino e sensualità come la Flora (Firenze, Uffizi) e la Salomè con la testa del Battista (Roma, Galleria Doria Pamphilj), nonché alcuni intensi ritratti quali i cosiddetti Ariosto e La schiavona (Londra, National Gallery). Ma l’opera che consacrò definitivamente agli occhi dei contemporanei la grandezza del maestro cadorino è la pala con l’Assunzione della Vergine (1516-1518), collocata sull’altar maggiore della basilica francescana di Santa Maria Gloriosa dei Frari.

La tavola, inizialmente non apprezzata dai committenti, è giocata su un colorismo brillante, in grado di consentire la visione della scena anche in giornate di scarsa luminosità, e su un plasticismo degno di Michelangelo scultore e del Raffaello della Trasfigurazione vaticana. Immediatamente successivi all’Assunta dei Frari, quando ormai Tiziano, morto Giovanni Bellini (1516), è il principale pittore della repubblica di San Marco, sono i due dipinti mitologici (v. mitologia), basati su testi di Catullo e Filostrato e realizzati verso il 1518-1519 per il camerino d’alabastro del duca di Ferrara Alfonso I d’Este, con Offerta a Venere e Baccanale (Madrid, Prado), ai quali seguirà a breve termine, per il medesimo mecenate, il Bacco e Arianna (Londra, National Gallery, 1522-1523).
Tiziano ha quasi raggiunto in questa fase la piena maturità artistica, riuscendo a mediare le maniere dei migliori artisti dell’epoca e sapendo ramificare le sue conoscenze culturali ben al di fuori dei confini veneziani. Capolavoro assoluto di tecnica, nonché ricco campionario di citazioni artistiche (da Michelangelo, soprattutto per la statuaria figura del San Sebastiano, a Palma il Vecchio, Pordenone e Lotto per il tono generale del colore), è al principio del terzo decennio il polittico per il legato apostolico Altobello Averoldi nei Santi Nazaro e Celso a Brescia, come d’altronde straordinari sono alcuni ritratti come L’uomo dal guanto (Parigi, Louvre) e Vincenzo Mosti (Firenze, Pitti).
Con queste opere Tiziano raggiunse la sua maturità creativa, esprimendo un nuovo umanesimo eroico attraverso un’eccezionale ricchezza cromatica e monumentalità compositiva. Altre opere fondamentali del terzo decennio sono la cosiddetta Pala Pesaro (1519-1526), realizzata ancora per il vescovo Iacopo Pesaro nella basilica dei Frari e innovativa per il taglio diagonale della scena, e soprattutto il perduto Martirio di Pietro da Verona (1528-1530), eseguito, dopo aver vinto una gara con Palma il Vecchio e Pordenone, per la chiesa domenicana dei Santi Giovanni e Paolo e noto oggi per lo più grazie a incisioni. Nel frattempo, inoltre, il pittore cadorino conobbe in laguna Pietro Aretino e Iacopo Sansovino, giunti a Venezia in seguito al sacco di Roma del 1527; con essi, con i quali fu in rapporto molto stretto per alcuni decenni, Tiziano strinse un rapporto che aveva quasi il sapore di un monopolio. Nel 1533 egli ottenne dall’imperatore Carlo V, che ne fece una sorta di pittore ufficiale durante tutto il periodo di regno, il titolo onorifico di conte palatino e cavaliere dello Speron d’oro.
Nel quarto decennio, quando solo il Pordenone poteva costituire un serio pericolo per lui, Tiziano eseguì altre opere straordinarie quali la Presentazione di Maria al tempio per la Scuola grande della Carità (Venezia, Accademia, 1534-1538), in cui giunge a una sinfonia pittorica sonora e calma, la Bella di palazzo Pitti, la cosiddetta Venere di Urbino degli Uffizi (1538), la perduta Battaglia di Spoleto per palazzo Ducale (1537-1538), bruciata nell’incendio del 1577 e nota attraverso copie, incisioni e vari disegni autografi del pittore, e alcuni ritratti (Carlo V con il cane, Madrid, Prado, 1533; Francesco I, Parigi, Louvre, 1538; Francesco Maria Della Rovere ed Eleonora Gonzaga, Firenze, Uffizi, 1538, Pietro Bembo, Washington, National Gallery of Art, 1539 ecc.). Intorno al 1540-1550 si colloca un evidente mutamento di stile, dovuto all’adesione parziale dell’artista al manierismo di matrice tosco-romana, conosciuto a Mantova (opere di Giulio Romano) e a Venezia stessa (soggiorni in laguna di Vasari e Francesco Salviati): l’artista ricercò in questo momento un’evidenza plastica in parte nuova per lui, riecheggiando con un certo sforzo cadenze dell’ambiente michelangiolesco ed emiliano (San Giovanni Battista, Venezia, Accademia, 1540 circa; Incoronazione di spine per Santa Maria delle Grazie a Milano, oggi al Louvre, 1543; Storie bibliche per Santo Spirito in Isola, ora nella sagrestia della Salute, ampiamente lodate dal Vasari, 1542-1544; Pentecoste, Venezia, Santa Maria della Salute, 1546 circa). A cavallo tra il 1545 e il 1546 il pittore è documentato a Roma, dove realizzò lo straordinario Paolo III con i nipoti (Napoli, Capodimonte, 1546) e la Danae (Napoli, Capodimonte, 1545-1546), scintillante di colori e sensuale (fu molto lodata da Vasari e Michelangelo). Sempre a questo periodo vanno ricondotti altri splendidi ritratti, pregni di umanità interiore e forza cromatica, come il Ritratto di Pietro Aretino (Firenze, Pitti, 1545), donato al duca fiorentino Cosimo I de’ Medici, e il Ritratto del doge Andrea Gritti (Washington, National Gallery of Art, 1545-1548).
Dopo il viaggio capitolino, ormai all’apice della gloria internazionale, Tiziano fu convocato ad Augusta dall’imperatore Carlo V per eseguire il celebre Ritratto di Carlo V a cavallo (Madrid, Prado), dipinto celebrativo della vittoria della lega cattolica, guidata dalle truppe imperiali, ottenuta a Mühlberg nel 1547 sulla lega protestante di Smalcalda. Nella città tedesca, dove egli ritornò nel biennio 1550-1551, dipinse anche altri ritratti ufficiali di grande prestigio, tra cui quelli dello sconfitto principe luterano Giovanni Federico di Sassonia (Vienna, Kunsthistorisches Museum). Nell’ultimo periodo il suo procedimento pittorico muta profondamente: pur restando nella sostanza lontano dalle contemporanee realizzazioni di un Iacopo Tintoretto o di un Iacopo Bassano, Tiziano si avvalse di un suggestivo luminismo per trarre dal colore valori espressivi riducendo la gamma cromatica a una sola nota dominante e trascurando la definizione delle forme plastiche. Per questa tecnica pittorica, concettualmente vicina al modo ultimo di scolpire di Michelangelo, alcuni studiosi hanno parlato addirittura di «non finito».

Tra le opere più intense della tarda produzione dell’artista, in cui va anche inserito il Martirio di san Lorenzo della chiesa veneziana dei Gesuiti (1548-1557), illuminato da fiaccole e dal gorgo divino tra le nuvole, vanno ricordate le cosiddette poesie mitologiche per il re di Spagna Filippo II, figlio dell’imperatore Carlo V (Danae, Madrid, Prado, 1550-1553; Venere e Adone, Madrid, Prado, 1553-1554; Diana e Atteone e Diana e Callisto, Edimburgo, National Gallery of Scotland, 1556-1559; Ratto di Europa, Boston, Isabella Stewart Gardner Museum, 1562), la Deposizione del Prado (1559), in cui Tiziano si ritrae sotto le sembianze di Giuseppe d’Arimatea in atto di sostenere il corpo di Cristo, l’Annunciazione di San Salvador (1560-1565), Venere che benda Amore della Galleria Borghese (1565 circa), i due sofferti autoritratti di Madrid (Prado) e Berlino (Gemäldegalerie), il Ritratto di Iacopo Strada (Vienna, Kunsthistorisches Museum, 1568), l’Incoronazione di spine (Monaco, Alte Pinakothek, 1570 circa) e il San Sebastiano (San Pietroburgo, Ermitage, 1570 circa). Dipinti estremi, veri e propri testamenti spirituali, sono infine il Supplizio di Marsia (Kromeriz, palazzo arcivescovile, 1570-1576), dove Tiziano si autoritrae come pensieroso re Mida non convinto della punizione decisa da Apollo per il presuntuoso musico, e la Pietà dell’Accademia (1570-1576, completata da Palma il Giovane) nella quale il maestro, sotto forma di un ascetico san Girolamo, è raffigurato in ginocchio ai piedi del Cristo morto.