Curcio Medie

È l’arte fiorita nell’ambito culturale della civiltà di Bisanzio sotto l’Impero Romano d’Oriente (330-1453).
Sorta a celebrazione e decoro della corte imperiale e della Chiesa d’Oriente, l’arte bizantina determinò fin dai primi secoli una corrente stilistica che condizionò la produzione artistica di tutto il mondo allora conosciuto. Caratteri fondamentali di tale arte, che segna un netto distacco dai moduli classici greco-romani, sono l’astrazione dalla realtà oggettiva e la rinuncia alla definizione spazio-temporale della rappresentazione. Mediante l’adozione di particolari mezzi tecnici, di un colore vivo e luminoso, di un disegno chiuso e marcato atto a distruggere peso e volume nelle immagini e di una complessa simbologia, l’arte bizantina intende rappresentare la realtà di un mondo soprannaturale che orbita intorno alla pura spiritualità divina, di cui lo stesso imperatore e la Chiesa d’Oriente vengono ritenuti emanazioni dirette.
Sono ancora discusse le origini di questa forma d’arte, in cui confluirono le correnti del realismo espressionistico dell’Oriente semitico e siriaco e del raffinato estetismo dell’Occidente ellenistico, ma alla cui formazione contribuirono anche in varia misura la stessa arte classica romana, la sasanide, la scitica, l’anatolica e l’ittita. Fondamentale e preponderante fu infine l’apporto del cristianesimo, per quanto concerne sia la forma sia il repertorio iconografico di comune adozione. Apertamente condannata come arte decadente, per i suoi caratteri di esoterismo e di astrazione, dagli scrittori del medioevo e del rinascimento (Boccaccio, Villani, Cennini, Ghiberti, Alberti e Vasari) e ignorata, o quasi, nel periodo barocco, l’arte bizantina fu in parte rivalutata dal romanticismo, che tuttavia la intese in modo ambiguo e unilaterale. Approfonditi studi, condotti a partire dalla metà del XIX secolo, e un riavvicinamento alla sensibilità artistica di quel periodo, determinato dalla formulazione delle nuove teorie estetiche e dalle stesse correnti artistiche del primo Novecento, hanno oggi ristabilito la piena validità e inteso in giusto senso l’alta qualità di questa grandiosa produzione artistica.
In architettura, l’arte bizantina è nota soprattutto attraverso le costruzioni religiose, essendo gli avanzi di edilizia civile (palazzo degli imperatori, mura e cisterne di Costantinopoli) scarsi e di poco interesse, perché improntati ad architetture occidentali o direttamente ispirati dagli stessi edifici sacri coevi. Il materiale in uso variò dalla pietra al mattone secondo le disponibilità locali, ma senza determinare apprezzabili variazioni strutturali.

Gli edifici sacri, numerosissimi, si possono distinguere in base alla loro forma in quattro tipi principali:

1) Chiese a pianta basilicale con copertura piana in legno (per esempio, basilica costantiniana di Baalbek e chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme) o a volta in pietra (per esempio, numerose chiese siriane). Tale tipo, derivato da analoghe strutture del periodo classico (basilica romana), perse favore a partire dal V secolo;
2) Chiese a sistema centrale: a pianta circolare (per esempio, San Vitale a Ravenna, 526-547), talvolta con tamburo ottagonale (per esempio, Santi Sergio e Bacco a Costantinopoli, 526-537), tipo da cui deriva anche la moschea di Omar a Gerusalemme (691); a pianta quadrata, con cupola impostata su pennacchi. A tale ultimo tipo, variamente elaborato e talvolta trasformato su pianta a croce latina, appartiene un cospicuo gruppo di chiese armene dei secoli V-VII;
3) Chiese a pianta basilicale con copertura a volta e cupola. Questo tipo, sorto in Asia Minore, fu adottato con qualche modifica a Costantinopoli (per esempio, Sant’Ireneo, 532, con copertura formata da due cupolette attigue, e Santa Sofia, 532-537, con quattro semicupole affiancate alla cupola centrale);
4) Chiese a pianta cruciforme con cupola centrale e una cupola su ogni braccio (per esempio, San Marco a Venezia, 1063-1095), tipo che ebbe numerose derivazioni in Occidente. Tali quattro tipi dettero luogo a contaminazioni e derivazioni con piante e strutture assai più complesse (per esempio, chiese del monte Athos, chiese russe ecc.). Tutte, comunque, ebbero in comune la sfarzosa decorazione interna e un ricco arredamento liturgico.
Elemento fondamentale nella decorazione interna delle grandi chiese fu il mosaico (le chiese più povere, infatti, sono generalmente decorate con pitture murali). A rivestimento delle superfici curve, che meglio riflettevano la luce, il mosaico dapprima ornò il solo catino dell’abside poi la cupola e i pennacchi, infine le lunghe pareti della navata centrale. Con la sua ricchezza e la sua vivacità cromatica il mosaico doveva servire a un tempo alla glorificazione di Dio e a illustrare ai fedeli la storia sacra. Insieme con i simboli cristiani e i preziosi motivi ornamentali, sugli sfondi azzurri, poi d’oro, dei mosaici bizantini, presero posto le figure dell’olimpo cristiano, in un rigoroso ordine gerarchico: al centro della cupola il Cristo, nel catino la Vergine, nei pennacchi i quattro evangelisti e sulle pareti della navata, in alto, le scene della vita di Cristo, in basso, i Padri della Chiesa, i santi ecc. (per esempio, chiese di Dafni, Nicea, Torcello ecc.). L’arte musiva bizantina si può dividere in tre periodi. Il primo periodo, che va dal IV all’VIII secolo (726), ha come centri principali Roma (mosaici di Santa Costanza, Santa Pudenziana, Santa Maria Maggiore, Santi Cosma e Damiano, Sant’Agnese, del battistero Lateranense), Ravenna (battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, mausoleo di Galla Placidia, San Vitale, Sant’Apollinare Nuovo e Sant’Apollinare in Classe) e Salonicco (con i meravigliosi mosaici di Hosios David, San Demetrio e San Giorgio).
Al secondo periodo, che corrisponde agli anni della lotta iconoclasta (726-843), appartiene il gruppo di mosaici orientali decorati esclusivamente con motivi ornamentali vegetali e animali o con paesaggi e architetture (per esempio, Sant’Irene a Costantinopoli) che presentano, tuttavia, caratteri di somma eleganza e raffinatezza. In Occidente invece, soprattutto a Roma (per esempio, Santa Maria in Cosmedin, Santa Maria in Domnica, Santa Prassede, Santa Cecilia in Trastevere, San Marco), dove lavorarono numerosi mosaicisti bizantini, è consueta la rappresentazione della figura umana. Una notevole fioritura dell’arte del mosaico caratterizza il terzo periodo (dall’843 a tutto il XIII secolo), che coincide con la cosiddetta rinascenza bizantina. Artisti bizantini lavorarono in questo periodo in Russia, Grecia e Italia, lasciando opere d’ineguagliata bellezza. Caratteri comuni di questi mosaici sono lo splendore dei fondi oro, la varietà e ricchezza dei colori, l’eleganza delle figure allungate, lo sfarzo delle loro vesti. Tra i principali cicli musivi del periodo vanno ricordati quelli delle chiese di Santa Sofia a Costantinopoli (secoli IX-X), di Santa Sofia a Kiev (IX secolo), del duomo di Cefalù (XII secolo), della cappella Palatina (XII secolo) e della Martorana (XII secolo) a Palermo, del duomo di Monreale (XII secolo), di San Marco a Venezia (XII secolo), dei Santi Apostoli a Salonicco (XIV secolo), del monastero di Vatopedi (XII secolo) e della chiesa di Serres in Macedonia (secoli XII-XIII). Al periodo della rinascenza bizantina appartengono anche numerosi, preziosi mosaici in miniatura, oggi conservati nei monasteri del monte Athos e nei Musei del Louvre a Parigi e Victoria and Albert di Londra.
Per la decorazione delle chiese più povere o più lontane dai grandi centri urbani, invece del costoso mosaico, fu usato un tipo di pittura murale a olio o tempera, applicati sull’intonaco asciutto. Anche se di stile più rozzo e più trascurate nell’esecuzione, le pitture murali, che ebbero in comune con il mosaico il patrimonio iconografico e i periodi di sviluppo, raggiunsero spesso un alto livello artistico. Al primo periodo, caratterizzato da uno stile in parte ancora naturalistico, con paesaggi e architetture, in parte già simbolistico, appartengono numerose pitture murali di chiese romane (San Clemente, Santa Maria Antiqua), siriane (chiesa di Dura) ed egiziane (monasteri della vallata del Nilo e case ad Alessandria). Improntate a uno stile realistico, con presentazione frontale delle figure (anche in periodo iconoclasta), sono le più tarde pitture dei santuari e delle chiese rupestri di Cappadocia (grotte di Latmos, secoli X-XI), d’Armenia (chiese di Talisk, Tekor ecc., secoli XI-XII) e quelle di Santa Sofia a Ocrida (prima del 1056) e di Castelseprio in Italia (secoli VII-X). La pittura qualitativamente più alta è quella del periodo della rinascenza bizantina, di cui restano numerosi, splendidi avanzi nelle chiese di Macedonia, di Cipro, di Bulgaria, di Grecia, di Serbia, di Romania, in molti monasteri del monte Athos e dell’Armenia, in cui si dipinse nello stile della rinascenza fino al XVIII secolo, e soprattutto in Russia (chiesa di San Demetrio a Vladimir, 1198; di San Giorgio a Staraja Ladoga, 1180) dove si formò, nel XIV secolo, una scuola locale il cui maggior esponente è Teofane il Greco, autore delle stupende pitture della cattedrale di Novgorod (1378). Fiorente nel mondo bizantino fu anche l’arte della miniatura, di cui restano numerosi esempi su pergamena fino al VII secolo e su carta importata dalla Cina in seguito. Caratteri delle più antiche miniature sono i colori brillanti, il largo uso della porpora, le figure un po’ rozze, ma piene di forza, come nella Genesi Cotton (Londra, British Museum). Non mancano, tuttavia, miniature in cui prevale l’influsso classico e la raffinatezza ellenistica come, per esempio, nella Genesi di Vienna (VI secolo) o nel Codex Purpureus Rossanensis (VI secolo, Rossano, Italia). Animali, uccelli, architetture e ornamenti vari prevalgono nelle miniature del periodo iconoclasta. Notevolmente più ricche quelle del periodo seguente (Salteri della Biblioteca Vaticana e della Marciana e Vangeli della Biblioteca Vaticana e della Nazionale di Parigi), in cui abbonda l’uso dell’oro e vengono eseguiti vesti e gioielli con colori vivi e arditi. Notevole importanza ebbero nel campo della pittura anche le icone, dipinti eseguiti a tempera su una tela ingessata e applicata a un pannello. In esse venivano rappresentate la Vergine con il Bambino o immagini di santi. Oltre a qualche raro esemplare del primo periodo, restano, soprattutto in Russia, numerose opere del periodo aureo (XI-XII secolo). Nel Museo Tretyakov a Mosca sono anche numerose le opere di Andrej Rublëv (1360-1430), il massimo esponente della scuola russa di questo periodo.
La scultura bizantina è esemplificata soprattutto dai rilievi in funzione architettonico-decorativa e dell’arredamento sacro, oggi in massima parte raccolti nei Musei di Costantinopoli, Atene e Sofia. Figure e ornamenti vegetali, eseguiti a traforo, caratterizzano i rilievi più antichi (per esempio, ambone di Salonicco, capitelli di Santa Sofia a Costantinopoli e di San Vitale a Ravenna, e un cospicuo gruppo di sarcofagi), in cui si fondono lo stile classico e quello orientale. Più freddi e piatti i rilievi lavorati a cesello (per esempio, testa di Efeso a Vienna, testa detta di Teodora a Milano ecc.). Nel periodo posticonoclasta i rilievi appaiono più ricchi di motivi ornamentali e più finemente intagliati. Talvolta il fondo è ricoperto di pasta e di pietre colorate. Il disegno di figure, animali e uccelli è portato sempre più verso la stilizzazione e non mancano, più tardi, motivi geometrici ispirati all’arte islamica. A partire dal XII secolo il rilievo si abbassa sempre più, fino a divenire una vera e propria incisione (per esempio, Cristo seduto a Nistra, XIV-XV secolo). Poco o nulla resta della scultura bizantina in legno, che pure dovette avere una certa importanza. Tra le opere tarde restano pannelli da iconostasi, troni episcopali e suppellettili ecclesiastiche.
Molto più importante e caratteristica della scultura fu la produzione di avori intagliati. In tale produzione, di cui Antiochia e Alessandria detennero il primato, si può distinguere un primo gruppo, il più antico, costituito dai dittici consolari, tavolette appaiate con la superficie esterna riccamente intagliata (per esempio, dittico dei Simmachi e dei Nicomachi, diviso tra il Victoria and Albert Museum di Londra e il Musée Cluny di Parigi). In questo gruppo si possono includere, per le affinità tecniche e stilistiche, anche un certo numero di arredi sacri (per esempio, pisside di Berlino, VI secolo), la cattedra di Massimiano a Ravenna, coperture di libri e pannelli decorativi. A un periodo più tardo (IX-X secolo) appartengono le urne a cofanetto rettangolare, istoriate con scene sacre e profane (per esempio, quelle dei Musei Victoria and Albert di Londra, Cluny di Parigi e Nazionale di Firenze), e gli olifanti, denti di elefante intagliati e figurati, di incerto uso. Notevole importanza, in questo secondo periodo, hanno gli avori a soggetto sacro, il cui stile elegante e raffinato è strettamente legato a quello della coeva pittura. Di largo impiego fu nella scultura bizantina anche il metallo. Delle numerose porte, fuse in bronzo o finemente lavorate ad agemina, resta esemplare quella ovest di Santa Sofia a Costantinopoli (840).