Curcio Medie

Dopo le rinnovate offensive anticlericali manifestatesi all’inizio del Novecento, le immani stragi e sofferenze del primo conflitto mondiale promossero una parziale inversione di tendenza. L’affermazione della rivoluzione bolscevica in Russia rappresentò comunque, nell’immediato, oltre che una pesantissima limitazione di possibilità per la Chiesa ortodossa, una minaccia per le altre Chiese cristiane. Di fronte al nuovo pericolo sia la Chiesa cattolica che quelle protestanti accentuarono in molti paesi i propri caratteri conservatori, e cercarono di “riconquistare” la società con l’ausilio dello Stato (serie di concordati con governi autoritari, tra cui quello con l’Italia del 1929 che mise anche fine alla questione romana e portò al riconoscimento giuridico internazionale, della santa sede quale Stato della Città del Vaticano).
Il secondo conflitto mondiale, con i suoi complessi schieramenti (democrazia liberale e comunismo contro nazifascismo) comportò per i credenti e le Chiese scelte difficili. Gli equilibri del dopoguerra riproposero alle Chiese, in particolare, il rapporto con il comunismo, dato che alcune popolazioni cattoliche (Polacchi) e protestanti (Baltici), e la maggior parte di quelle ortodosse (fecero eccezione la Chiesa greca e altre minori) finirono, all’interno del blocco sovietico.
In Occidente la democrazia politica, per la cui affermazione, si erano battuti anche molti cattolici, finì nel giro di pochi anni per essere accettata anche dal papato. Il predominio presto acquistato dagli USA nel mondo occidentale e la favorevole congiuntura internazionale favorirono, tuttavia, con la diffusione del benessere e della libertà di pensiero, l'acquisizione di una mentalità materialistica e il relativismo culturale, fenomeni di massa che non hanno tardato a esercitare profonda influenza sulle Chiese.
L’urgenza di un aggiornamento portò il papa Giovanni XXIII alla convocazione, dopo quasi un secolo dal precedente, di un concilio ecumenico (il Vaticano II, 1962-1965). L’assemblea dei vescovi riunita insieme al pontefice non negò l’insegnamento tradizionale ma lo espose in un modo senza dubbio nuovo: l’immagine della Chiesa cattolica uscì dal concilio profondamente modificata con il rinnovo, della liturgia (uso delle lingue nazionali al posto del latino, maggiore partecipazione comunitaria) e con l’accettazione della tolleranza religiosa, dei tentativi di promuovere la riunificazione delle Chiese (ecumenismo), del dialogo con le confessioni non cristiane e con i non credenti.

L’impegno ecumenico fu riconfermato dal successore Giovanni XXIII, Paolo VI, e poi da Giovanni Paolo II, salito al soglio pontifico dopo il brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I, nel 1978. Da allora, fino ad oggi, il pontefice si è impegnato per ristabilire rapporti con le altre confessioni cristiane, in modo particolare con la Chiesa ortodossa, e con le grandi religioni monoteiste, anche attraverso una sequenza pressoché ininterrotta di viaggi che lo hanno portato in tutto il mondo. Pur rilanciando aspetti tradizionali della devozione e della dottrina (sul celibato dei preti, il rifiuto al sacerdozio femminile, la morale sessuale, il rifiuto del divorzio ecc.), grazie alla sua opera la Chiesa si è aperta ad importanti questioni sociali, come il consumismo, i problemi del Terzo Mondo o la xenofobia. Grande oppositore del comunismo, il pontefice ha svolto in ruolo importante anche nel processo che ha portato al crollo del blocco sovietico, sostenendo attivamente le Chiese nazionali dei paesi dell’Est. Dopo aver chiesto perdono per i crimini commessi dalla Chiesa nella storia (2000), si è opposto con decisione alle guerre del nuovo millennio, richiamando alla Chiesa un ruolo pacificatore internazionale.