Curcio Medie

Fenomeno religioso proprio di quasi tutte le religioni consistente nell’isolamento dal mondo e nell’ingresso in case dove si vive la vita monastica associata, per realizzare meglio l’ideale della perfezione morale.
Il monaco si considera al servizio dell’umanità mediante la preghiera e la mortificazione, che giovano spiritualmente anche a coloro che rimangono e operano nel mondo; né la vita monastica, in questo differenziandosi dalla vita eremitica, rompe tutti i ponti con la vita del mondo.
Le grandi religioni induista e buddista conoscono una vera organizzazione della vita monastica che ha molti punti in comune con il monachesimo cristiano come la meditazione, l’esame di coscienza, l’elezione dei superiori, la questua. Anche il mondo islamico conosce il monachesimo, sia pure interpretandolo nello spirito e nella tradizione coranici: le grandi scuole coraniche, la preparazione dei giovani al governo delle moschee e alla guida della preghiera si fanno proprio in ambienti che noi chiameremmo monastici.
Perfino il paganesimo politeista dell’antica Grecia conosceva qualche cosa che si avvicina al nostro monachesimo, per esempio la scuola pitagorica ove si esigeva il silenzio, l’orario degli atti comuni, il noviziato per l’ammissione, ecc.

Nella religione cristiana, il monachesimo è un particolare stile di vita, fondato sulla ricerca della perfezione nello spirito dei consigli evangelici, approvato e disciplinato dalla Chiesa. Nei suoi tratti essenziali il monachesimo cominciò a delinearsi fra i secoli III e IV con l’allontanamento dagli uomini, la vita eremitica in luoghi solitari e inaccessibili, l’unione tra diversi eremiti, l’accettazione di un superiore, la comunanza di alcune pratiche di pietà. I primi maestri e fondatori del monachesimo orientale furono sant’Antonio, san Pacomio, san Paolo, i quali vissero tuttavia come eremiti più o meno indipendenti. Solo dopo la libertà religiosa del 313 sorsero vere e proprie comunità monastiche. In Oriente, il monachesimo si organizzò secondo la regola di san Basilio Magno (secolo IV). Le sue Regulae fusius tractatae (55) e le Regulae brevius tractatae (333), furono adottate da tutto l’Oriente.
Riformate da san Teodoro Studita (morto nel 825), passarono al monte Athos e in Russia. Ancor oggi si distinguono da quelle occidentale perché portano l’attenzione più sulla santificazione dell’individuo che sulla cura delle anime, riservate ai vescovi. Più che sulla vita sociale, il monachesimo orientale esercitò un grande influsso sulla maturazione teologica e sulla spiritualità. In Occidente, il monachesimo fu diffuso da sant’Atanasio, nel suo secondo esilio. A Roma si ebbero i primi monasteri nel 340 circa; a Vercelli ne fondò uno sant’Eusebio, a Milano sant’Ambrogio. Nelle Callie il padre del monachesimo fu san Martino di Tours e in Africa sant’Agostino. Dall’Africa il monachesimo passò in Spagna e dalle Callie in Irlanda per opera di san Patrizio (morto nel 461).
L’Irlanda fu presto cosparsa di monasteri e dall’isola il monachesimo tornò nel continente secondo la regola di san Colombano, fondatore di Luxcuil e di Bobbio. Ma il padre per eccellenza del monachesimo occidentale è san Benedetto di Norcia.


La sua Regola fu centro sull’autorità dell’abate, concepito come padre e direttore del monastero; questo a sua volta è un’unità autosufficiente, che vive di preghiera, di lavoro e di penitenza moderata e discreta. Legati al monastero dal voto di stabilità, i suoi monaci entrano tuttavia nel tessuto della società con il lavoro, l’agricoltura, lo studio e le arti. Così ogni monastero diventa un centro attorno cui gravita la vita della regione e da esso irradia la cultura e il commercio.
Da Montecassino il monachesimo benedettino fu portato in Inghilterra o quindi in Germania; un po’ per volta tutti i monasteri d’Europa adottarono la stessa regola. Dopo un periodo di dominazione feudale, iniziò a Cluny (910) un movimento di liberazione (libertas romana) cui aderirono Gorze in Lorena, san Benigno a Digione, Cava in Italia, Hirsau in Germania. I vari movimenti di riforma del secolo XI intendevano soltanto riportare la regola al suo spirito primitivo. Così sorsero i camaldolesi (1012), i vallombrosani (1036), i certosini (1084), i cistercensi (1098) e, più tardi, i silvestrini e gli olivetani. Giustamente, nella storia della Chiesa latina, si parla di epoca dei monaci, per indicare la profonda incidenza da essi esercitata nella vita sociale, economica e culturale dell’Europa.